Focus del mese

Cristoforo de Predis (Milano 1440/1445 – ante gennaio 1487) Tota Spes in te Domine 1476, TEMPERA SU PERGAMENA, INV. 1000

La S è costituita da due parti che, diventate mani aggraziate che si congiungono in preghiera, sono unite dall’invocazione TOTA SPES IN TE DOMINE (Tutta la mia speranza in te, Signore). È il motto episcopale del nobile milanese Fabrizio Marliani, uomo di fiducia degli Sforza, che nel 1476, anno della sua nomina a vescovo di Piacenza, commissionò lo straordinario antifonario da cui è tratto questo capolettera. Lo donò al Santuario di S. Maria del Monte perché dal coro si innalzassero non solo la preghiera e il canto, ma anche frammenti di bellezza e d’armonia.
Il codice, miniato da Cristoforo de’ Predis, è un capolavoro dell’arte lombarda del Quattrocento.
Figura di rilievo nell’età di passaggio dalla tradizione tardogotica a un linguaggio pienamente rinascimentale, Cristoforo formò il fratello più giovane Giovanni Ambrogio, anch'egli miniatore oltre che pittore, ritrattista degli Sforza e collaboratore di Leonardo a Milano.
Intenerisce pensare che Cristoforo non poté sentire i canti di questo ingressario ambrosiano, perché sordomuto, come orgogliosamente firmava. La sua vita ci consegna una storia commuovente di emancipazione sociale, ottenuta con la forza della propria arte, in un’epoca in cui bastava una simile disabilità per veder imposto un tutore (nel caso di Cristoforo fu il duca Galeazzo Maria Sforza a concedere un’eccezione perché ne apprezzava intelligenza e valore). È suggestivo pensare che la sua documenta capacità di esprimersi attraverso una particolare gestualità sia servita a Leonardo, amico di famiglia, per “far parlare” le figure nelle sue opere (“Il buon pittore ha da dipingere due cose principali, cioè l'uomo ed il concetto della mente sua. Il primo è facile, il secondo difficile, perché si ha a figurare con gesti e movimenti delle membra; e questo è da essere imparato dai muti, che meglio li fanno che alcun'altra sorta d'uomini” Leonardo, Trattato della pittura, II, 176).
Sfogliare questo codice con più di quaranta capolettera miniati consente di passare dalla ricchezza sfolgorante del frontespizio, con un grande S. Martino e il povero, a miniature più contenute, ma sempre di alta qualità, con scene sacre (come la Natività o l’Adorazione dei Magi) o santi (quali S. Ambrogio, S. Giovanni Evangelista, S. Agnese), fino a quelle ornate solo con fiori e frutti simili a fragole succose. Pur in presenza di lavori in cui ebbe anche parte l’efficiente bottega di Cristoforo, questi capolettera sono sorprendenti per varietà e bellezza.

Laura Marazzi

febbraio 2016
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