Focus del mese

Bottega di Giovan Pietro Rizzoli detto il Giampietrino (Milano 1480 circa - 1549) Santa Caterina d'Alessandria OLIO SU TAVOLA, CM. 74 X 52, 5, INV. 46
Sono ignote la provenienza dell’opera e le modalità del suo ingresso in Museo: il dipinto non risulta né nel Catalogo degli oggetti preziosi del Museo del Santuario, pubblicato nel 1905, né nella selezione di opere della collezione Baroffio riportata dal Del Frate (S. Maria del Monte sopra Varese, Chiavari, 1933, pp. 187 -236).
La Santa Caterina d'Alessandria è attribuita alla bottega del Giampietrino, identificato con il pittore Giovan Pietro Rizzoli, la cui attività è documentata tra il 1508 e il 1549. Fu fedele seguace di Leonardo, forse addirittura suo allievo, se è lui quel “Gioanpietro” ricordato dal maestro di Vinci in un appunto della fine del primo periodo milanese (Codice Atlantico, f. 264r-a).  La sua personalità artistica è ben delineabile, mentre rimane sfuggente dal punto di vista documentario e biografico.
La Santa Caterina del Museo Baroffio è analoga per tipologia compositiva a molte opere del Giampietrino destinate alla devozione privata. Un paragone efficace si può istituire con le numerose sue raffigurazioni della Maddalena nelle quali la santa, seminuda, coperta in parte dai lunghi e mossi capelli, rivolge uno sguardo estatico verso l’alto: così appare qui atteggiata anche Santa Caterina, le cui ruote dentate, strumento di martirio, sono spezzate per intervento divino simboleggiato dalla luce che nasce nell’angolo superiore a sinistra.
Il candore della pelle della donna risalta sullo sfondo di fumi e nuvole nere: un gioco di chiari e scuri vicino ai modi ben più raffinati e complessi di Leonardo. Anche il celebre sfumato è ripreso in maniera superficiale, con meccanicità non dissimile da quella con cui Giampietrino modula sull’esempio leonardiano il volto e i capelli della santa.
Esistono più versioni di questa Santa Caterina.
Spicca per qualità la Santa Caterina degli Uffizi (64 x 50 cm), originariamente esposta in Palazzo Pitti con l’attribuzione a Bernardino Luini. In seguito l’opera fu assegnata da Morelli alla bottega di Giampietrino, finché il Berenson la ascrisse al Giampietrino stesso. Nell’Archivio Zeri è conservata la fotografia di una quasi identica Santa Caterina passata a Londra presso la Wengraf Old Masters Gallery.
Nel 1998 nella sede milanese di Sotheby’s fu battuta all’asta (MI 142 lotto n. 1504) una tavola attribuita a un seguace del Giampietrino, del tutto analoga alle precedenti citate, malgrado le esigue dimensioni (cm. 26,5 x 21).  
Il formato rettangolare di questi tre esempi non deve trarre in inganno nel confronto con la Santa Caterina del Museo Baroffio, centinata solo per effetto dell’arco della cornice in cui è posta la tavola rettangolare (cm. 74 x 52,5).
La Santa Caterina del Museo Baroffio è più debole rispetto a quella degli Uffizi: la figura appare meno sensuale, il viso è più affilato, le carni sono meno morbide, lo sguardo meno intenso. Se in tutte le versioni note il braccio parzialmente nascosto da quello incrociato sul davanti è tozzo e poco armonioso, nella Santa Caterina di Firenze la bella mano dalle dita affusolate del braccio anteriore ha una postura molto aggraziata, con il polso piegato verso lo spettatore vagamente memore della superba mano della Dama con l’ermellino di Leonardo che più volte Giampietrino riprese letteralmente, come nella Maddalena a mezza figura della Pinacoteca di Brera (Cat. 263), nella Maddalena della Pinacoteca del Castello Sforzesco (Inv. 306), nella Madonna con il Bambino del Museo Poldi Pezzoli (Inv. 1637).

Laura Marazzi

aprile 2012
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