Focus del mese

Pittore lombardo Pellegrinaggio del cardinale Federico Borromeo al Sacro Monte di Varese PRIMA METÀ XVII SECOLO, OLIO SU TELA, CM 71 X 99, INV. 75
L’opera fu donata nel 1909 al Museo del Santuario dal varesino Giuseppe Baratelli (segnalazione di Roberta Lucato, notizia tratta da Museo del Santuario di Santa Maria del Monte in Cronaca Prealpina, 19 luglio 1909).
Il dipinto raffigura il cardinale Federico Borromeo che, il bastone da pellegrino in mano, si appresta a compiere la salita verso S. Maria del Monte. Un chierico con una croce astile è pronto ad avanzare, mentre i preti del seguito sembrano attardarsi a parlare tra di loro e a leggere il breviario. Alcuni pellegrini sono in ginocchio: una mamma con il suo bambino e due uomini accompagnati da un cane.
La chiara veduta del Sacro Monte è la vera protagonista dell’opera, la cui importanza risiede, più che nel suo valore artistico, nel fatto di essere una delle più antiche testimonianze figurative della Via Sacra.
Si distinguono le cappelle, anche se alcune più in basso sono nascoste del tutto o in parte dai personaggi in primo piano. Lungo il viale, disegnato sulle pendici del monte, si intravedono figure che salgono. In cima il campanile, che è presentato come doveva essere prima della decurtazione della sommità, avvenuta entro il Seicento, e della successiva sistemazione che definì l’aspetto attuale, aiuta ad individuare il Santuario. Intorno si raccolgono le case del borgo, la complessa architettura del monastero fino alla torre degli ariani che segna il punto più alto.
Restaurato da Claudio Fociani nel 2000, il dipinto presenta una superficie pittorica impoverita che rende evanescenti le cappelle più in alto, lascia intravedere alcuni pentimenti, come quello che riguarda la posizione dei piedi del cardinale, e fa trasparire la preparazione rossastra.
La datazione della tela è problematica. Le ipotesi finora erano due: la prima era che fosse stata eseguita prima del 1631, anno della morte del Borromeo, che qui appare ritratto in età relativamente avanzata con i capelli grigi (come grigio è quel che ancora si vede dei baffi e del pizzetto); la seconda era che si trattasse di un omaggio postumo (C. A. Lotti, S. Maria del Monte sopra Varese, Cinisello Balsamo, 2000, p. 200). Quest’ultima supposizione trovava la sua principale ragione nella similarità della veduta proposta dal dipinto con quella della prima incisione nota del Sacro Monte, la famosa stampa di Federico Agnelli certamente datata al 1656, che l’anonimo pittore avrebbe dunque preso a modello in anni decisamente successivi alla morte del Borromeo.
Ora l’osservazione di un elemento del dipinto consente di stabilire che la sua esecuzione avvenne prima dell’incisione Agnelli e nel contempo regala nuove riflessioni – per quanto problematiche - per la storia della Fabbrica del SS. Rosario. Se si guarda l’Undicesima Cappella del quadro, che sorge subito dopo l’ultimo arco, si vede come essa sia rappresentata a pianta circolare: un giro serrato di colonne regge archi a tutto sesto e individua un portico su cui si innesta un corpo cilindrico concluso da una cupola sormontata da una sfera che regge una croce. Si tratta di una costruzione architettonica totalmente differente dall’Undicesima Cappella rappresentata dall’Agnelli, che è simile piuttosto alla cappella così come la conosciamo noi: un edificio costituito da un parallelepipedo con abside semicircolare, preceduto da un pronao cui si accede da una scalinata parallela al viale.
La lettura di un testo del 1623, scritto dai Deputati della Fabbrica per spiegare la genesi del progetto e per registrare lo stato d’avanzamento dei lavori (Origine e progresso delle Cappelle, Fabbricate nel Sacro Monte sopra Varese, rappresentanti i Misteri del Santissimo Rosario, Milano, 1623, p. 96), presenta una descrizione dell’Undicesima Cappella che collima con la raffigurazione del dipinto: “Più oltre si trova la Cappella della Resurettione fatta di forma rotonda, cinta d’un portico con colonne tonde archeggiate fra l’un e l’altra, e sopra detto portico ascende un altr’ordine ornato di nizze con finestre, e partimenti di rilievo, che fanno bello aspetto”. Dopo aver descritto quanto era già stato eretto, si elenca ciò che manca: “Alla sommità si metterà una piramide con pallone, croce, e veletta indorati. Sono le sue ferrate di bellissima fattura, se bene non sono ancora poste in opera. Resta di fare le statue, e di ornarla di pitture, stucco, e oro”. Mentre stupisce il dato delle statue ancora assenti, poiché nel restauro del 1991 fu trovata sulla base di una statua la data 1622, sarebbe facile giungere alla conclusione che, per ragioni oscure, la più antica Undicesima Cappella, le cui forme sono descritte nella fonte del 1623 e nell’opera del Museo, fu sostituita nel giro di pochi anni con l’attuale, se nel 1656 l’Agnelli ce la presenta già com’è giunta a noi.
Restano tuttavia senza risposta due questioni importanti. La prima concerne il sito su cui ora sorge l’Undicesima Cappella, sul quale non sembrerebbe poter trovare posto una cappella dallo sviluppo circolare, circondata interamente da un portico. La seconda riguarda la difficoltà nel comprendere la causa di forza maggiore che molto presto obbligò a rifare la cappella, oltretutto con un’architettura ben poco nobile in confronto alla cappella consegnata dal dipinto e dal testo dei Deputati.
Il dipinto del Museo può essere messo in rapporto significativo con l’affresco a destra della fontana detta della Samaritana di fronte alla Prima Cappella. Mentre Padre Giovan Battista Aguggiari predica a una piccola folla di fedeli, oltre l'arco centrale dell'architettura dipinta si scorge una bella veduta del Sacro Monte: malgrado le lacune vistose, è indubbio che anche qui l’Undicesima Cappella si presenti a pianta circolare.
Ipotizzare che dipinto e affresco non rappresentino quanto fu eretto, ma un progetto iniziale poi abbandonato, non risolverebbe ogni problema - perché bisognerebbe per esempio capire come mai la descrizione dei Deputati del 1623 presenti la cappella come edificata -  ma aiuterebbe a spiegare alcuni elementi di altre cappelle che non ci risulta siano mai stati realizzati e che pure vengono raffigurati in tali antiche testimonianze.
Potrebbe forse aiutare a dipanare la matassa il chiarimento di un altro nodo significativo – e mai del tutto sciolto - per la storia di quel tratto di Via Sacra: quello della cosiddetta Cappella Fallata, la cappella mai terminata che sorge non lontana dall’Undicesima.

Laura Marazzi

febbraio 2013
Archivio Focus
Zingara con il tamburello AMBITO DI MICHAEL SWEERTS (BRUXELLES 1618 - GOA 1664)
LEGGI TUTTO
Stipo con San Giuseppe e Gesù Bambino nella bottega di Nazareth
LEGGI TUTTO
Cambio dei cavalli PHILIPS WOUWERMAN (HAARLEM 1619 - 1668)
LEGGI TUTTO
Natura morta con funghi GIACOMO CERUTI DETTO IL PITOCCHETTO (MILANO 1698 - 1767)
LEGGI TUTTO
ARCHIVIO