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Romano Parmeggiani (Venezia 1930 - Santorso 2002) Maternità, un paesaggio per me? 1975, TECNICA MISTA SU TAVOLA, CM. 80 X 100, INV. 1066

Maternità, un paesaggio per me? di Romano Parmeggiani, presente nella sezione moderna del Museo fin dalla sua inaugurazione nel 2001, fu formalmente donata nel 2003 da Mons. Pasquale Macchi alla Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese.
Il titolo oscuro e il senso sfuggente di quest'opera si associano a una grande chiarezza dell'immagine.
Una specie di palcoscenico si protende in fuga prospettica centrale verso il mare. Le proporzioni degli edifici veneziani sulla destra, minuziosamente descritti, suggeriscono la vasta profondità della scena deserta. In un clima di silenzio immobile stanno alcuni palazzi e chiese di Venezia, tra cui si riconoscono S. Maria dei Miracoli e S. Maria della Salute. Si muove solo la tenda di una finestra del primo palazzo, il cui lato in ombra appare segnato da screpolature e imperfezioni, a differenza di quello "trionfante" in piena luce.
Mentre a destra appare in alto una piccola e sottile falce di luna, nel vasto cielo chiaro sta sospesa una sorta di crosta terrestre che esplode in tanti pezzi. All'interno la Madonna, con gli occhi bassi in segno di umiltà e una perla perfetta a impreziosire l'alta fronte del viso ovale, tiene in braccio Gesù Bambino addormentato. Sulla pavimentazione della scena è proiettata un'ombra circolare: i suoi contorni netti non evidenziano la strana frammentazione del globo terrestre, né mostrano la presenza del bel manto verde dalle gonfie pieghe che in parte sporge dalla sfera.
Difficile mettere a fuoco il significato di quest'immagine poetica e metafisica. Il suo carattere visionario stupisce e destabilizza, ma non angoscia: tutto è pace. Il sonno di Gesù potrebbe collegarsi alla tradizione iconografica che vi ha letto la prefigurazione della sua morte, ma qui parrebbe caricarsi di diverso senso: nell'assoluta immobilità e quiete del Bambino si nascondono inaspettatamente una grande forza e un'energia rivoluzionaria in grado di rompere gli schemi terreni.

Romano Parmeggiani, fratello del più famoso Tancredi, si formò all'Accademia di Belle Arti di Venezia. Trasferitosi a Roma intorno ai trent'anni dopo un soggiorno londinese, nel 1993 tornò in Veneto a Santoro, presso Vicenza. Una decina d'anni prima aveva interrotto la sua brillante attività espositiva. Nell'anno della morte, nella mostra Surrealismo Padano. Da de Chirico a Foppiani 1915 - 1986 (Piacenza, Palazzo Gotico, 8 marzo - 23 giugno 2002), il curatore Vittorio Sgarbi annoverò Romano Parmeggiani, presente con due opere, tra le riscoperte più significative dell'esposizione: una mostra che prendeva le mosse dal 1915, anno in cui a Ferrara iniziò l'esperienza della Pittura Metafisica con De Chirico e poi Carrà, De Pisis, Morandi, Savinio. Nel solco ideale di quella corrente si pose Parmeggiani con le sue enigmatiche composizioni percorse da una tensione lirica in cui sfuggono tutte le relazioni di senso tra i diversi elementi, sempre sorvegliati da una tecnica impeccabile... eppure si respira un'attesa buona.

Laura Marazzi

ottobre 2011

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