Focus del mese
Gli autori del coro quattrocentesco del Santuario sono noti perché furono chiamati a testimoniare per gli eventi miracolosi accaduti a S. Maria del Monte a seguito della morte di Caterina da Pallanza, fondatrice del Monastero delle Romite (R. Ganna, Giacomo del Maino, Giovan Pietro De Donati e altri artisti a Santa Maria del Monte sopra Varese in “Arte Lombarda”, 117, 2, 1996, pp. 64 -71; P. Viotto, Miracolati da Caterina da Pallanza. Nuovi documenti per Santa Maria del Monte, in “Tracce”, 2, 1996, pp. 37-54). In un documento dell’11 giugno 1478 sono infatti definiti come coloro che allora stavano lavorando nel coro: Giacomo Del Maino, Ambrogio da Angera, Bartolomeo da Como, Bernardino Maggi, Bernardino Porro, Giovan Pietro de Donati. Giacomo Del Maino, definito "magister” e maggiormente citato nei documenti, ebbe un ruolo di preminenza all'interno del gruppo di cui è possibile facesse parte anche il cosiddetto Maestro di Trognano (forse da identificarsi in Bartolomeo da Como), al quale sono attribuiti i quattro grandi pannelli con scene della Passione di Cristo che decoravano il grandioso altare ligneo del Santuario, oggi divisi tra il vicino Monastero e le Raccolte del Castello Sforzesco.
Il documento che toglie dall'anonimato Giacomo Del Maino, protagonista dell’arte lignea del Rinascimento lombardo, è il prestigioso contratto del 1469 per gli stalli della Basilica di Sant'Ambrogio a Milano, vicini stilisticamente ai pannelli del coro di S. Maria del Monte, realizzati una decina d’anni dopo. Sono noti solo quattro dei venti dossali originari: due sono a Villa Cagnola a Gazzada (Pero con viandante seduto e Melograno con scena di caccia); due sono quelli oggi in museo, donati da Lodovico Pogliaghi. Dopo lo smembramento seicentesco del coro, i pannelli furono evidentemente alienati, sebbene in epoca imprecisata (R. Ganna, Maestri della scultura in legno nel Ducato degli Sforza, catalogo mostra, Milano, 2005, pp. 110 – 111, con bibliografia precedente).
Come i dossali del coro di Sant’Ambrogio, da cui si distinguono per maggiore finezza d’intaglio, i dossali di S. Maria del Monte risultano dominati da un elemento vegetale che nasce dalla roccia intorno a cui si dispongono alcune figure. Le immagini botaniche sono memori degli esempi dei tacuina sanitatis; è privilegiato un effetto pittorico (D. Pescarmona, La scultura lignea del Rinascimento fra Quattro e Cinquecento, in Storia dell'Arte a Varese e nel suo territorio, vol. I, Varese, 2011, pp. 387, 388).
Restano tracce di colore soprattutto negli intagli a girali fogliati a lato dell'arco contenente la figurazione centrale.
Nell’Ingresso di Cristo a Gerusalemme sull'ulivo è arrampicato un uomo che ha staccato un ramo; un altro, che indossa gli stessi abiti quattrocenteschi, brandisce un coltello; alcuni rami, scolpiti a bassissimo rilievo, sono per terra; quattro apostoli precedono l'asino con Cristo, mancante del busto e della testa. Nel Vaso con gigli un vaso biansato contiene quattro rami di gigli; da rocce stilizzate spuntano fiori e due conigli (uno è intero, l’altro è seminascosto).
Non si conoscono tutti i soggetti degli stalli, che occupavano le absidi laterali, benché siano stati visti e ammirati fino al XVII secolo (nella relazione della visita pastorale del 1578 vennero definiti “bellissimi”), ma è noto che fosse rappresentato l’atto che la tradizione lega all’inizio della devozione mariana sulla cima del Monte: la sconfitta degli ariani da parte di S. Ambrogio e la solenne consacrazione del primo altare (P. Morigia, Historia dell’origine della gloriosa Madonna del Monte, Milano, 1594, p. 7).
Laura Marazzi
febbraio 2015